LIFE News Retrogaming: la passione vintage per i videogiochi

Retrogaming: la passione vintage per i videogiochi

Se i videogiochi di ultima generazione regalano esperienze sempre più realistiche e impegnative, in cui spesso c’è bisogno di fare scelte etiche, e tanto impegno viene ripagato talvolta da finali deludenti, rigiocare ai vecchi videogiochi per curiosità, passione o studio della storia videoludica è un tratto della cultura pop contemporanea.

Gli appassionati di videogiochi, soprattutto quelli intorno dai 35 ai 50 anni che hanno conosciuto i primi videogiochi rudimentali e poi lo scoppio della moda delle home console, riscoprono volentieri giochi che li hanno impegnati da giovani oppure vanno alla ricerca di piccole perle nascoste, giochi mai arrivati in Occidente oppure passati sotto traccia.

Se un tempo il retrogaming era prerogativa di una nicchia, ora il fenomeno sta assumendo dimensioni sempre più consistenti, come si evince dall’immissione del mercato delle mini console, riproduzione in miniatura delle console che hanno avuto più successo negli anni ’80 e ’90.

Intanto, quali sono le console interessate dal fenomeno retrogaming?
Solitamente, si considera retrogaming il giocare ai titoli di console fino alla quinta generazione (Playstation, Nintendo 64), sebbene alcuni comincino a considerare retrogaming anche le console della sesta generazione (Playstation 2, Xbox, Dreamcast). Capolavori come Super Mario Bros, Sonic, Super Metroid, Castlevania, Ghouls ‘n Ghosts vengono riscoperti e rigiocati, o ancora scoperti per la prima volta dalle nuove generazioni, che trovano nel gameplay dei giochi 2D una novità quasi assoluta rispetto ai videogiochi in prima persona contemporanei, caratterizzati spesso da open world vastissimi, scelte da compiere e praticamente nessun freno alla libertà.

C’è però ancora da capire cosa spinge le persone a rigiocare titoli del passato con tutta l’offerta videoludica attuale. Sicuramente un ruolo importante lo gioca l’effetto nostalgia, una leva su cui il marketing fa sempre più presa e che ha portato alla riscoperta non solo dei videogiochi di 20-30 anni fa, ma anche di film, canzoni e abbigliamento vintage: si pensi al successo che hanno ancora i tormentoni estivi di qualche lustro fa. L’effetto nostalgia si basa spesso sull’idealizzazione del passato, visto come un Eden perduto da cui ripescare solo gli aspetti positivi: questo vale pure per i videogiochi che, pur offrendo spesso un livello di sfida elevato, sovente non davano la possibilità di salvare o avevano bug che rendevano frustrante l’esperienza di gioco.

La moda di andare a ripescare nel passato, poi, si accompagna anche a quello che possiamo definire “archeologia videoludica”, ossia la voglia di provare in prima persona giochi leggendari; questo fenomeno riguarda sia i videogiocatori sulla quarantina alla scoperta di giochi mai giocati per varie ragioni ma anche i videogiocatori più giovani, desiderosi di scoprire l’evoluzione dei videogame nel corso degli anni.

Insomma, se la nostalgia, la curiosità e il desiderio di scoprire i capolavori del passato sono il volano del retrogaming, resta da capire i diversi modi di fruire dei vecchi videogiochi.

Uno dei modi più diffusi è attraverso l’emulazione: gli emulatori e le rom danno non solo la possibilità di giocare ai capolavori del passato, ma anche di ritrovare giochi considerati perduti, o edizioni limitate, oppure ancora giochi distribuiti solo in Giappone o Stati Uniti.

Il problema dell’emulazione riguarda il diritto d’autore e la pirateria, tema che meriterebbe un articolo a sé: in questa sede ci limitiamo a ricordare che, per legge, è possibile emulare solo un gioco di cui si possiede anche la copia fisica. È bene segnalare però che, anche in questo settore, si stanno sviluppando servizi in streaming: basti pensare a Antstream, che permette la riscoperta di moltissimi giochi vintage pagando una fee mensile.

A tal proposito, è indubbio che ci sia un mercato ben sviluppato delle vecchie console, a prezzi più o meno alti, sui mercatini fisici e digitali: i puristi ritengono infatti che l’emulazione sia solo un surrogato dell’esperienza videoludica e che il retrogaming, per essere tale, deve prevedere l’uso della console originali e dei televisori a tubo catodico, per i quali i platform, picchiaduro, sparatutto e puzzle game del passato sono stati concepiti e programmati.

Le case videoludiche, d’altro canto, hanno ben chiaro in mente che il retrogaming non è una moda passeggera, ma un bacino di interesse commerciale da sfruttare: ed ecco la nascita delle già citate mini console, in alcuni casi riuscite (Mini Nes, Mini Super Nes), in altri meno (la Playstation classic mini ha lasciato l’amaro in bocca a molti).

Insomma, il retrogaming è un fenomeno culturale e sociale di sicuro interesse, che riguarda non solo gli appassionati di videogiochi ma tutti coloro interessati alla cultura pop.

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